A seguito della riforma dello “Statuto dei diritti del contribuente”, da parte del D.Lgs 219/2023 (si veda in proposito la CDG n. 15 del 22.01.2024), che tra le altre cose è intervenuto sull’istituto dell’autotutela tributaria, con la circolare n. 21/E del 07.11.2024 l’Agenzia delle Entrate ha fornito i propri chiarimenti su tale rinnovato istituto. Chiarimenti che risultano particolarmente importanti in quanto con tale Decreto è stata introdotta una nuova regolamentazione, diversa da quella in vigore in precedenza e distinta nelle
due ipotesi di:
autotutela obbligatoria
autotutela facoltativa
Pur facendo salve tutte le indicazioni già fornite in precedenza con propri documenti di prassi – da intendersi confermate laddove siano coerenti con la nuova disciplina dell’istituto e con i chiarimenti forniti con l’attuale circolare – l’Amministrazione finanziaria, oltre a ripercorrere l’evoluzione della disciplina in discorso, specifica innanzitutto un aspetto rilevante sul delicato tema della non impugnabilità del rifiuto tacito all’istanza di autotutela facoltativa. È infatti noto che nell’elenco degli atti impugnabili (parimenti
modificato a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs 220/20236 e arricchito delle lettere g-bis e g-ter) è ora inclusa la possibilità di opporsi a qualsiasi forma di diniego rispetto all’autotutela in forma obbligatoria, mentre per quella facoltativa risulta contestabile solamente il rifiuto esplicito.
Cosa che, secondo l’Agenzia, è dovuta al fatto che l’autotutela facoltativa – anche nell’ambito della nuova disciplina – continua a rappresentare un potere esercitabile dagli Uffici sulla base di valutazioni discrezionali e non uno strumento di protezione del contribuente. È pur vero, continua la circolare, che il privato può sollecitarne l’esercizio, ma ciò non trasforma il procedimento officioso e discrezionale in
un procedimento di parte da concludere con un provvedimento espresso, come peraltro affermato dalla giurisprudenza di legittimità: ne consegue che, mancando tale dovere e in assenza di una norma specifica in tal senso, il silenzio dell’autorità fiscale sull’istanza di autotutela facoltativa non è comunque contestabile di fronte al giudice. Com’è ovvio, i chiarimenti forniti dall’autorità fiscale sull’istituto della
“rinnovata” autotutela, mediante la presente circolare n. 21/E/2024, sono innanzitutto suddivisi nelle richiamate due casistiche introdotte dal Decreto Legislativo di riforma dello Statuto del contribuente, di cui solo quella obbligatoria rappresenta un vero e proprio obbligo per l’ente amministrativo di rispondere all’istanza del contribuente; tanto che finanche la mancata risposta (dunque il diniego tacito) da parte della medesima rappresenta causa di impugnabilità del silenzio rifiuto. Rispetto ai chiarimenti intervenuti sulla declinazione obbligatoria dell’istituto in esame, ex artt. 10-quater della Legge 212/2000, si è visto come si tratti di una fattispecie che rappresenta un concreto dovere/obbligo per l’Amministrazione finanziaria di annullare – in tutto o in parte – gli atti di imposizione, o di rinunciare all’imposizione:
senza necessità di istanza di parte;
anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi;
eventualmente nei casi di manifesta illegittimità degli stessi atti o dell’imposizione.
Si tratta dunque, nello specifico, delle ipotesi di:
rispetto alle quali la circolare afferma che, in linea con le esigenze di certezza alle quali simile disposizione si ispira – come emerge anche da diversi passaggi della relazione illustrativa al Decreto di riforma dello Statuto – si tratti di fattispecie da ritenersi tassative, quindi di “stretta interpretazione”
L’autotutela in forma obbligatoria non va invece esperita in caso di:
sentenza passata in giudicato favorevole all’Amministrazione finanziaria, e
qualora sia decorso un anno dalla definitività dell’atto viziato per mancata
impugnazione.
Norma, quest’ultima, in realtà a salvaguardia del Fisco ma che – se letta al contrario – ammette espressamente la possibilità per il contribuente di vedersi tutelato anche nei casi in cui abbia omesso
l’impugnazione dei suddetti atti gravemente illegittimi. Tale disposizione va letta in coordinamento con la previsione del Decreto di riforma del contenzioso che ammette ora esplicitamente che il contribuente possa:
sempre impugnare il diniego all’istanza di autotutela obbligatoria10;
opporsi al rifiuto solamente esplicito relativamente all’autotutela facoltativa
In definitiva non vi è più la mera facoltà, da parte dei funzionari, di annullare gli atti bensì, nelle casistiche viste in precedenza, un vero e proprio vincolo in tal senso. Sempre dalla prospettiva oggettiva – afferente alle tipologie d provvedimenti che possono formare oggetto del presente istituto – l’autorità fiscale chiarisce in ogni caso che, coerentemente con la volontà del legislatore delegante di “potenziare l’esercizio del potere di autotutela”, rientra nella nozione di atto di imposizione qualunque atto mediante il quale l’Amministrazione finanziaria eserciti il proprio potere autoritativo con effetti di natura patrimoniale pregiudizievoli nei riguardi del contribuente. In tale nozione rientrano tra l’altro gli atti:
La disposizione sull’autotutela obbligatoria pone dunque, in definitiva, a carico dell’Amministrazione finanziaria l’obbligo di esercitare il potere di autotutela di atti di imposizione, ivi inclusi gli atti di accertamento catastale:
quando ricorrano i vizi tassativamente elencati dalla stessa, e
sempre che gli stessi diano luogo a forme di manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione.
Al riguardo, la relazione illustrativa precisa che:
In linea con tali indicazioni della relazione illustrativa, si ritiene, che, in caso di autotutela ad istanza di parte, il contribuente sia tenuto ad indicare puntualmente il tipo di vizio da cui è affetto l’atto e le ragioni in virtù delle quali il predetto vizio sia riconducibile ad una delle fattispecie tassative di cui al citato art. 10-quater. Ciò non esclude tuttavia che, ove sussistano obiettive condizioni di incertezza relative al corretto inquadramento della fattispecie, “anche per l’esistenza di contrasti giurisprudenziali”, l’Amministrazione finanziaria, in sede istruttoria, tenuto conto anche degli elementi indicati nell’istanza, può rilevare che la fattispecie rappresentata non rientri tra quelle che legittimano il ricorso all’autotutela obbligatoria per l’assenza della condizione di “manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione”. In definitiva, alla luce della ratio sottesa alla distinzione tra autotutela obbligatoria e autotutela facoltativa, l’Agenzia delle Entrate ritiene che i vizi elencati dall’art. 10-quater, configurino ipotesi di autotutela obbligatoria laddove il loro apprezzamento non presupponga la soluzione di questioni interpretative obiettivamente incerte (come, ad esempio, per l’esistenza di contrasti giurisprudenziali), dovendosi
tali vizi manifestare, in ogni caso, in errori rilevabili in modo palese. L’autorità fiscale è comunque tenuta a rispondere all’istanza di autotutela obbligatoria entro il termine di 90 giorni dalla sua ricezione15.
In merito alle casistiche di esclusione l’Agenzia fa notare come il comma 2 dell’art. 10-quater disponga che:
Pertanto, pur in presenza di un giudicato sostanziale, il potere di autotutela deve comunque essere esercitato per vizi che dimostrino la manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione diversi da quelli sui quali si è pronunciato il giudice. Per le medesime ragioni di certezza, il legislatore ha individuato in un anno il limite temporale dell’autotutela obbligatoria relativa ad atti definitivi: a tal fine ha disposto che il termine annuale decorre “dalla definitività dell’atto viziato per mancata impugnazione”.
In tali ipotesi, ai fini del rispetto del computo del termine di un anno dalla definitività dell’atto, rileva la data di presentazione dell’istanza di autotutela da parte del contribuente. Pertanto, l’Amministrazione finanziaria è tenuta a rispondere anche oltre l’anno dalla definitività dell’atto di imposizione purché l’istanza di autotutela sia stata presentata prima di tale termine. Tenuto conto dei princìpi della legge delega che hanno guidato l’introduzione degli articoli sulle nuove forme di autotutela, deve considerarsi
tuttavia riconosciuta al contribuente la facoltà di presentare, anche oltre la scadenza del predetto termine annuale, un’istanza di autotutela facoltativa, dato che quest’ultima rappresenta una categoria residuale che in quanto tale ricomprende i casi in cui ci si trovi al di fuori del perimetro, espressamente
delineato, dell’autotutela obbligatoria. D’altro canto, sempre per ragioni di certezza dei rapporti giuridici
(richiamate dal legislatore delegato), l’istanza di autotutela – sia essa facoltativa che obbligatoria:
non può più essere presentata o, comunque
una volta presentata, il provvedimento di autotutela non può più intervenire, quando l’atto di imposizione è stato oggetto, pure in maniera parziale, di qualunque forma di definizione della pretesa, anche agevolata (ad esempio, nel caso di accertamento con adesione, conciliazione, acquiescenza).
Ad esempio, qualora il contribuente – pur impugnando un avviso di accertamento – abbia definito in via agevolata le sanzioni, la richiesta di autotutela e l’eventuale provvedimento dell’Ufficio potranno interessare esclusivamente la pretesa avanzata a titolo d’imposta, dovendosi invece ritenere ferma l’irripetibilità delle somme versate per la definizione agevolata delle sanzioni.
Per quanto concerne l’indicazione tassativa dei vizi che configurano – nei citati casi di manifesta illegittimità – ipotesi di autotutela obbligatoria, l’elenco contenuto nell’art. 10-quater dello Statuto dei diritti del contribuente non coincide con quello contenuto nel precedente art. 2 del D.M. 37/1997.
L’art. 10-quater non contempla espressamente, infatti, nelle seguenti fattispecie:
l’evidente errore logico;
la doppia imposizione;
la sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati. Al riguardo l’Agenzia ritiene però che tali ipotesi possano confluire nella fattispecie dell’errore sul presupposto d’imposta; in particolare, sempre stando alle Entrate, rileverà:
l’errore logico, qualora lo stesso determini una palese infondatezza dell’atto che si traduca nel ritenere indebitamente realizzato il presupposto d’imposta;
la doppia imposizione, qualora sia espressamente vietata da una norma e la cui violazione determini la mancata realizzazione del presupposto d’imposta;
la sussistenza di requisiti per fare proprie di deduzioni, detrazioni ed agevolazioni qualora l’errore riguardi i presupposti per fruire delle predette deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi.
Resta comunque inteso che anche in tali ipotesi deve sussistere la L’elenco di cui all’art. 10-quater contempla, invece, una fattispecie che l’art. 2 del D.M. n. 37/1997 non prevedeva espressamente, e cioè l’errore sull’individuazione del tributo. In tale ipotesi potrebbero rientrare i casi di erronea applicazione di
un’imposta in luogo di un’altra (come ad esempio in caso di non corretta applicazione dei principi di alternatività IVA-imposta di registro ovvero di imposta sulle donazioni-imposta di registro).
Le fattispecie non riprodotte nell’elenco contenuto nell’art. 10- quater e che, comunque, non integrano altre ipotesi ivi contemplate, non rilevano ai fini dell’autotutela obbligatoria: per questa ragione l’Amministrazione non ha l’obbligo di esercitare il relativo potere. Resta però ferma, in simili ipotesi, la possibilità di esercitare il potere di autotutela facoltativa. Passando invece all’autotutela facoltativa, ex art. 10-quinquies della Legge 212/2000, questa riguarda i casi diversi da quelli in cui l’errore dell’atto
amministrativo è di maggiore “cogenza”. Si tratta, in particolare, delle ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria può comunque procedere all’annullamento (in tutto o in parte) di atti di imposizione o alla rinuncia all’imposizione:
senza necessità dell’istanza di parte;
anche in pendenza di giudizio;
in caso di atti definitivi;
in presenza di una illegittimità o dell’infondatezza dell’atto o dell’imposizione.
Nella circolare n. 21/E/2024 si afferma infatti che, come chiarito nella relazione illustrativa al D.Lgs 219/2023, l’art. 10-quinquies riconosce all’ente amministrativo un generalizzato potere di autotutela facoltativa:
(…) esercitabile, anche d’ufficio e in pendenza di giudizio o in presenza di atti definitivi, quando ricorrono casi di illegittimità o infondatezza dell’atto o dell’imposizione.
Tra le casistiche incluse in simile forma di autotutela rientrano (come riportato ancora una volta nella relazione illustrativa):
la doppia imposizione,
la mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti,
la mancanza di documentazione successivamente sanata (entro i termini di decadenza), e
la sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi che siano stati precedentemente negati.
In ogni caso però, come accade per le casistiche di autotutela obbligatoria, anche quella facoltativa non può più essere esercitata:
A tal proposito l’Agenzia puntualizza altresì che, in ossequio al principio di buon andamento dell’azione amministrativa, davanti ad un’istanza di autotutela facoltativa gli Uffici non sono tenuti a fornire risposte alle istanze:
che vertono su questioni già trattate in sede di contraddittorio, così come
quelle che riguardano procedimenti che già comportano una partecipazione preventiva del contribuente (come nelle procedure di aggiornamento degli archivi catastali dei terreni e dei fabbricati – DOCTE e DOCFA rispettivamente).
In linea generale, secondo l’autorità fiscale l’autotutela facoltativa somiglia molto alla precedente “generale” tipologia di autotutela tributaria, rispetto alla quale la giurisprudenza formatasi nel vigore
della disciplina anteriore – sia costituzionale che in termini di legittimità – con riferimento alla natura giuridica aveva avuto modo di porre l’accento sul suo carattere discrezionale.
Era stato difatti argomentato che la decisione dell’Amministrazione circa l’annullamento di un atto impositivo inoppugnabile era:
espressione di un potere discrezionale, il cui esercizio è funzionale alla soddisfazione di esigenze di rilevante interesse generale, e nella valutazione del quale deve essere considerata l’esigenza
della certezza dei rapporti giuridici da bilanciare rispetto a quelle rappresentate dal contribuente)
e che simile istituto – che non si discostava, in simile prospettiva, dall’autotutela nel diritto amministrativo generale – costituiva un potere esercitabile d’ufficio da parte delle Agenzie fiscali sulla base di valutazioni
largamente discrezionali, e non invece uno strumento di protezione del contribuente. Secondo l’Agenzia delle Entrate, nel rispetto dei principi di leale collaborazione, di tutela dell’affidamento e della reciproca buona fede già sopra richiamati, l’istanza in esame (a prescindere dalla tipologia):
deve rappresentare in modo esaustivo tutti gli elementi (di fatto e di diritto) su cui si fonda la richiesta di autotutela, e
va corredata di tutta la documentazione in possesso del richiedente idonea a dimostrare la sussistenza dei vizi che giustificano la revisione dell’atto. L’istanza deve essere presentata avvalendosi di strumenti atti a certificarne l’invio da parte del soggetto legittimato a presentarla, ad esempio tramite l’utilizzo dei servizi telematici (accesso tramite SPID, CIE o CNS) oppure la posta elettronica certificata o, in alternativa,
tramite consegna a mano con accesso fisico allo sportello dell’Ufficio AE competente.
Al fine di garantire l’efficienza dell’azione amministrativa, la circolare rappresenta come sia opportuno che le richieste di autotutela riportino: