Nel panorama giuridico contemporaneo, il tema del contenzioso condominiale ha acquisito una rilevanza sempre maggiore, soprattutto in relazione alle opportunità e alle sfide introdotte dal Super Bonus 110%. Questa misura, pensata per incentivare interventi di efficienza energetica e messa in sicurezza degli edifici, ha portato con sé non solo benefici tangibili ma anche un aumento delle controversie legate alla sua applicazione pratica. Tra contrasti condominiali, dubbi interpretativi e questioni deontologiche, il ruolo dell’avvocato si è rivelato centrale nel garantire una gestione equilibrata e conforme alle norme.
In questo contesto, emerge la figura dell’Avv. Salvatore Rocca, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Crotone e recentemente nominato Docente Formatore dell’Accademia AUGE (Accademia Universitaria degli Studi Giuridici Europei). La sua competenza e la sua esperienza sono state protagoniste durante il convegno “Contenzioso Condominiale e Super Bonus 110% – Aspetti di Deontologia”, evento che ha rappresentato un importante momento di confronto per professionisti del diritto e tecnici del settore.
L’intervista che segue si propone di approfondire le tematiche trattate durante il convegno, mettendo in luce le sfide e le opportunità che queste nuove dinamiche normative e professionali pongono agli avvocati. Grazie all’autorevolezza dell’Avv. Rocca, verranno esplorati non solo gli aspetti tecnici, ma anche i valori etici e deontologici che guidano la professione forense, con uno sguardo attento al futuro del diritto condominiale e delle agevolazioni edilizie.
Benvenuto Presidente Rocca, è un piacere averla con noi. Il convegno sul Contenzioso Condominiale e Super Bonus 110% ha affrontato un tema di grande attualità e complessità. Quali sono stati, secondo lei, i principali spunti emersi dal dibattito e quali riflessioni ritiene più significative per gli avvocati impegnati in questo tipo di contenuti? L’Ordine degli Avvocati di Crotone, insieme all’Accademia Universitaria degli Studi Giuridici Europei (AUGE), ha messo in luce anche gli aspetti deontologici legati al Super Bonus 110%. Quali sono le principali sfide etiche che gli avvocati devono affrontare in questo ambito specifico e come il convegno ha cercato di fornire strumenti per affrontarle?
Sulle liti di condominio si allarga la competenza del giudice di pace. La Riforma Cartabia ha stabilito che sono di competenza del giudice di pace, in base all’articolo 7, comma 1, del Codice di procedura civile. Anche le controversie attinenti ai rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni (ad esempio, fumo, calore, esalazioni, rumori) rientrano – sempre in base all’articolo 7 del Codice di procedura civile – nella competenza del giudice di pace, indipendentemente dal loro valore. Nel prossimo futuro si prepara la devoluzione di tutta la materia del condominio al giudice di pace. Dal 31 ottobre 2025 scatterà infatti quanto prevede il decreto legislativo 116/2017, che dispone, appunto, l’attribuzione alla competenza del giudice di pace delle seguenti controversie: 1) tutte le cause in materia di condominio (come definite in base all’articolo 71-quater disposizioni per l’attuazione del Codice civile); 2) i procedimenti di volontaria giurisdizione concernenti la stessa materia.
Nell’esporre dei brevi cenni sulla deontologia dell’Avvocato nel contenzioso Condominiale.
Un avvocato che ha ricevuto incarichi dal Condominio! Questo può assumere un nuovo incarico dallo stesso Condominio per agire contro uno dei condomini? Facciamo il caso che: Un avvocato ha ricevuto l’incarico da un Condominio di assisterlo in un appalto di lavori. Successivamente riceve dal medesimo Condominio la richiesta di procedere giudizialmente nei confronti di uno dei condomini, il quale è moroso nel pagamento delle rate di spese condominiali, inclusa la quota della parcella dell’avvocato. Ci si chiede quindi l’avvocato se agendo contro uno dei condomini si ponga un problema di incompatibilità viene in rilievo l’art. 24 del Codice deontologico forense (c.d.f.), il quale stabilisce che:
“1. L’avvocato deve astenersi dal prestare attività professionale quando questa possa determinare un conflitto con gli interessi della parte assistita e del cliente o interferire con lo svolgimento di altro
incarico anche non professionale.
2. L’avvocato nell’esercizio dell’attività professionale deve conservare la propria indipendenza e difendere la propria libertà da pressioni o condizionamenti di ogni genere, anche correlati a interessi riguardanti la propria sfera personale.
3. Il conflitto di interessi sussiste anche nel caso in cui il nuovo mandato determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite da altra parte assistita o cliente, la conoscenza degli affari di
una parte possa favorire ingiustamente un’altra parte assistita o cliente, l’adempimento di un precedente mandato limiti l’indipendenza dell’avvocato nello svolgimento del nuovo incarico.
4. L’avvocato deve comunicare alla parte assistita e al cliente l’esistenza di circostanze impeditive per la prestazione dell’attività richiesta.
5. Il dovere di astensione sussiste anche se le parti aventi interessi confliggenti si rivolgano ad avvocati che siano partecipi di una stessa società di avvocati o associazione professionale o che esercitino negli stessi locali e collaborino professionalmente in maniera non occasionale.
6. La violazione dei doveri di cui ai commi 1, 3 e 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni.
La violazione dei doveri di cui ai commi 2 e 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.” Tali principi sono stati messi in evidenza dal Consiglio Nazionale Forense nelle proprie sentenze, dove si è sottolineato che l’avvocato deve garantire l’assoluta terzietà, al di sopra di ogni ragionevole dubbio, nell’espletamento della professione. Così il C.N.F. nella sentenza n. 182 del 17 dicembre 2018 (vd. anche sentenza del 12 luglio 2016, n. 186): “Affinché possa dirsi rispettato il canone deontologico posto dall’art. 24 cdf non solo deve essere chiara la terzietà dell’avvocato, ma è altresì necessario che in alcun modo possano esservi situazioni o atteggiamenti tali da far intendere diversamente. La suddetta norma, invero, tutela la condizione astratta di imparzialità e di indipendenza dell’avvocato – e quindi anche la sola apparenza del conflitto – per il significato anche sociale che essa incorpora e trasmette alla collettività, sulla scorta di un giudizio convenzionale parametrato sul comportamento dell’uomo medio, avuto riguardo a tutte le circostanze e peculiarità del caso concreto, tra cui la natura del precedente e successivo incarico”.
La ratio dell’art. 24 c.d.f. è, per il Consiglio Nazionale forense, quella di “evitare situazioni che possano far dubitare della correttezza dell’operato dell’avvocato e, quindi, perché si verifichi l’illecito, è sufficiente che potenzialmente l’opera del professionista possa essere condizionata da rapporti di interesse con la controparte. “
In particolare, la sentenza in questione nell’individuare la natura giuridica dell’illecito disciplinare in materia di conflitto di interessi fa riferimento alle categorie del diritto penale, affermando che l’illecito disciplinare “è un illecito di pericolo, quindi l’asserita mancanza di danno è irrilevante perché il danno effettivo non è elemento costitutivo dell’illecito contestato. “(C.N.F. sentenza del 29 luglio 2016, n. 265)
In altre parole, le situazioni personali o gli atteggiamenti del professionista che, anche solo astrattamente, possano implicare un conflitto di interesse, violano il codice deontologico.
Ciò detto corre infine l’obbligo di precisare che: con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine; – ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo; – pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.
Ringrazio il Magnifico Rettore dell’Accademia Universitaria Auge per pregiato intervento al Convegno sul condominio, ci saranno altre occasioni ed eventi formativi con i prof. Giuseppe Catapano ed i docenti Auge per affrontare diversi problematiche che affliggono i cittadini oggi nella società digitale.
Attraverso il contributo autorevole dell’Avv. Salvatore Rocca e degli altri relatori, sono stati analizzati i risvolti normativi, tecnici ed etici di un ambito in continua evoluzione, offrendo strumenti utili agli avvocati per affrontare le sfide deontologiche e pratiche poste da questa materia. L’approccio integrato tra diritto, etica e formazione sottolinea la necessità di un continuo aggiornamento professionale per garantire ai cittadini un’assistenza giuridica competente e trasparente.
Paola Biadetti Ufficio Stampa Auge