Tra le prime applicazioni della disciplina organica della giustizia riparativa, introdotta con la
c.d. riforma Cartabia, e cioè con il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (d’ora in avanti,
decreto 150/2022) si incominciano ad individuare le coordinate e i limiti rispetto ai programmi
ammissibili (art. 53, comma 1, lett. a, decreto150/2022), quali «mediazione autore-vittima»
anche con «vittima surrogata o aspecifica», ossia con «vittima di reato diverso da quello per cui
si procede», «family group conferencing», «circles». Significativo con riguardo
all’individuazione di limiti all’applicazione di programmi di giustizia riparativa è l’ordinanza
del 12.07.23 con cui la Corte d’Appello di Milano ha rigettato l’istanza di ammissione a un
programma di giustizia riparativa, presentata dalla persona indicata come autore dell’offesa,
imputato ex art. 73 d.p.r. 309/90, nonostante sulla richiesta di essere ammesso al “programma di
giustizia riparativa ritenuto più idoneo”, il Procuratore Generale ha espresso parere favorevole, la
Corte ha motivato il diniego all’invio a un centro di giustizia riparativa con la considerazione che
nella fattispecie penale contestata mancherebbe l’esistenza di una vittima, essendo lo spaccio di
sostanze stupefacenti, di cui all’art. 73 della legge droga, “un reato privo di vittima”.
Si riporta la motivazione, il collegio evidenzia che “non è ontologicamente ipotizzabile un dialogo
di alcun tipo, mancando la parte con cui intrattenere tale dialogo”.
Nulla di strano, con riguardo ai «criteri» attraverso cui l’autorità giudiziaria può decidere se
inviare o meno un caso, l’art. 129 bis c.p.p. stabilisce che si dovrà valutare: in primo luogo,
l’«utilità» del percorso di giustizia riparativa per la risoluzione delle questioni specificamente
derivanti dal reato; in secondo luogo, «l’assenza di pericoli concreti per gli interessati e per
l’accertamento dei fatti».
Tuttavia si riscontrano diverse interpretazioni dell’art. 129 bis cpp se si considera che la Corte
di Assise di Busto Arsizio accogliendo l’istanza e, ai sensi degli artt. 129 bis c.p.p. e art. 42 ss.
decreto 150/2022, ha disposto l’invio del caso al CGR competente per territorio, in una vicenda
giudiziaria riguardante delitti gravissimi (omicidio aggravato ex art. 577, comma 2, c.p. e
art. 61 n. 2 c.p. e distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere di cui all’art. 411 c.p.,
commesso al fine di occultare l’omicidio), al fine di verificare la fattibilità di un
«programma di giustizia riparativa», anche con «vittima aspecifica».

L’ordinanza che ha accolto l’istanza di accesso ai programmi di giustizia riparativa avanzata
dall’imputato, è intervenuta in una fase processuale successiva alla sentenza di condanna di
primo grado, in pendenza dei termini per presentare l’appello, spetta al CGR di Milano valutare
dunque se sussistono o meno i presupposti per attuare concretamente un percorso riparativo.
Secondo i giudici, l’istituto «si propone di ricomporre la frattura derivante dal reato non soltanto
fra le singole parti, ma anche all’interno del contesto sociale di riferimento» e ha lo scopo di
far maturare un clima di sicurezza sociale (si cita in proposito la relazione dell’Ufficio del
Massimario della Corte di Cassazione, 297) riconoscendo la sussistenza dei due requisiti
stabiliti dalla legge: l’utilità del percorso è affermata, anche contro la volontà delle persone
offese, attraverso un’interpretazione che, valorizzando la volontà del legislatore di incentivare
il ricorso a detto strumento, enfatizza la natura pubblicistica dei percorsi di giustizia riparativa,
e non vengono rilevate particolari ragioni di concreto pericolo per l’accertamento dei fatti e
per i soggetti interessati. L’ordinanza, in particolare, nega che possano esservi potenziali rischi
per le persone offese, pur tenendo conto della presenza di un minorenne, figlio della vittima.
Ciò in ragione del fatto che il mancato consenso delle parti civili al programma di giustizia
riparativa, se confermato davanti al mediatore, determinerà «la necessità di predisporre un
programma con vittima aspecifica, con conseguente prevedibili esclusione, in concreto, di un
pericolo per le persone offese».
Gli «effetti» che un eventuale esito positivo di un percorso di giustizia riparativa potrà
determinare, nel caso in questione, trattandosi di grave reato procedibile d’ufficio e di
condanna a pena assai elevata, sono, l’applicazione della nuova circostanza attenuante di cui
all’art. 62, comma 1, n.6, c.p.; una graduazione della pena pro-reo alla luce del generale potere
di commisurazione di cui all’art. 133 c.p. (ai sensi dell’art. 58, comma 1, decreto 150/2022).
Strumenti normativi che non influiscono quindi sull’an della responsabilità penale, ma sono
suscettibili di condizionare in modo non trascurabile il concreto trattamento sanzionatorio.
Nessun effetto pregiudizievole potrà scaturire per l’imputato dalla mancata effettuazione del
percorso o da un esito negativo.

Avv. Francesca Maria Cantalamessa

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