Ai sensi dell’art. 1815 c.c. Salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere interessi al mutuante . Per la determinazione degli interessi si osservano le disposizioni dell’art. 1284 C.C.
Se sono convenuti interessi usurari , la clausola è nulla e non sono convenuti interessi.
La norma contenuta nel terzo comma va raccordata con l’art. 644 cp che stabilisce che “ Chiunque, fuori dei casi previsti dall’articolo 643, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000.
Alla stessa pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel delitto previsto dal primo comma, procura a taluno una somma di denaro o altra utilità facendo dare o promettere, a sé o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario(3).
La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari.
Sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che avut riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria.
Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito.
Il requisito dell’usuarietà è dunque rimesso ad un limite legale oltre al quale gli interessi sono definibili sempre usurari ( cd tasso “soglia-usura”); il limite è fissato dall’art. 2 della legge 7 marzo 1996, n.108 il quale affida al Ministero del Tesoro il compito di rilevare trimestralmente il tasso effettivo globale medi degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati.
Inoltre nel calcolo del tasso ai fini della verifica dell’usurarietà, occorre comprendere anche tutte le
commissioni e spese collegate all’erogazione del credito. A tal proposito molte sono le questioni che hanno agitato la giurisprudenza proprio relativamente all’inclusione nel calcolo dell’usura della commissione di massimo scoperto che rappresenta una ulteriore remunerazione per la banca.
Inizialmente la CMS rappresentava il compenso spettante alla banca per il solo fatto di mettere a
disposizione del cliente un affidamento, indipendentemente dal fatto che questo venisse utilizzato o meno. Quindi, per esempio, se in presenza di un fido di 50.000 euro utilizzato solo per 40.000 euro, erano dovuti gli interessi sui 40.000 e la commissione massimo scoperto per i restanti 10.000 euro non utilizzati. Detta cosi aveva anche una certa logica…
Negli anni però, questa commissione ha avuto diverse applicazioni ed è diventata un onere aggiuntivo all’interesse, calcolato sull’utilizzo massimo del fido nel trimestre.
Fino al 2009 la commissione di massimo scoperto non era per nulla regolamentata ed ogni banca la
applicava in modo diverso e con differenti criteri di calcolo. Nel 2009 c’è stato un tentativo di regolamentazione della Commissione di massimo scoperto con l’art.2 bis della legge 28 gennaio 2009, n.2, che ha convertito in legge il dl 29 novembre 2008, n. 185, che riconosceva la clausola solo se espressamente pattuita con il cliente e due anni dopo, nel 2011, la Legge ha dichiarato espressamente la nullità della commissione di massimo Al posto della cms, la nuova formulazione dell’art. 117-bis del TUB, introdotto dall’articolo 6-bis, comma 1, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, intitolato Remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti stabilisce che: “ 1. I contratti di apertura di credito possono prevedere, quali unici oneri a carico del cliente, una commissione onnicomprensiva, calcolata in maniera proporzionale rispetto alla somma messa a disposizione del cliente e alla durata dell’affidamento, e un tasso di interesse debitore sulle somme prelevate. L’ammontare della commissione, determinata in coerenza con la delibera del CICR anche in relazione alle specifiche tipologie di apertura di credito e con particolare riguardo per i conti correnti, non può superare lo 0,5 per cento, per trimestre, della somma messa a disposizione del cliente. 2. A fronte di sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido, i contratti di conto corrente e di apertura di credito possono prevedere, quali unici oneri a carico del cliente, una commissione di istruttoria veloce determinata in misura fissa, espressa in valore assoluto, commisurata ai costi e un tasso di interesse debitore sull’ammontare dello sconfinamento. 3. Le clausole che prevedono oneri diversi o non conformi rispetto a quanto stabilito nei commi 1 e 2 sono nulle. La nullità della clausola non comporta la nullità del contratto” omissis.
Sono quindi state introdotte altre due commissioni: la commissione disponibilità fondi e la commissione di istruttoria veloce che, per certi aspetti, sono ancora più insidiose, potendo far aumentare in maniera significativa i costi bancari.
– Avv. Giovanna Fusco