Il D.L. 113/2024 (c.d. “Decreto Omnibus” – si vedano in proposito le CDG n. 209 del 10.10.2024 e n. 210 dell’11.10.2024) contempla all’art. 2-bis “Disposizioni in materia di benefici corrisposti ai lavoratori dipendenti” l’introduzione di un’indennità una tantum pari a 100 euro, il c.d. “bonus Natale”.
La misura interviene, come precisato dallo stesso art. 2-bis, nelle more dell’introduzione “del regime fiscale sostitutivo previsto dall’articolo 5, comma 1, lettera a), n. 2.4)” della Legge delega di riforma del sistema fiscale. Stando al citato art. 5, il Governo, nell’esercizio della delega, è tenuto a osservare, tra gli altri, l’obiettivo dell’applicazione, in luogo delle aliquote per scaglioni di reddito, di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali, in misura agevolata, sulle retribuzioni corrisposte a titolo di straordinario che eccedono una determinata soglia, nonché sui redditi indicati all’art. 49 del Tuir, riferibili alla percezione della tredicesima mensilità, ferma restando la complessiva valutazione, anche a fini prospettici, del regime sperimentale di tassazione degli incrementi di reddito introdotto, per l’anno
2023, per le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni.
Attraverso la Legge 111/2023 il Governo è delegato a adottare, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della stessa legge, uno o più decreti legislativi recanti la revisione del sistema tributario.
In attesa dell’attuazione di quanto previsto dalla riforma fiscale in materia di applicazione di un’imposta sostitutiva su straordinari e tredicesime, il D.L. 113/2024 introduce il bonus 100 euro che i datori di lavoro sono tenuti a riconoscere, a beneficio dei dipendenti in possesso dei requisiti normativamente previsti, proprio unitamente alla stessa tredicesima. Alla luce della conversione in legge del Decreto “Omnibus” l’Agenzia Entrate è intervenuta inizialmente con la circolare n. 19/E del 10.10.2024 (di cui in seguito si riporteranno alcuni estratti), al fine di fornire le istruzioni operative necessarie al riconoscimento del contributo una tantum. Successivamente, al fine di ampliare la platea dei beneficiari del bonus una tantum, il legislatore è intervento con il D.L. 167/2024 3; inoltre, a seguito delle modifiche disposte dall’art. 2 di tale Decreto all’art. 2-bis del “Decreto Omnibus”, l’Agenzia Entrate ha pubblicato un nuovo
documento di prassi, la circolare n. 22/E del 19.11.2024, fornendo ulteriori chiarimenti sulla normativa “rinnovata” di cui trattasi. Come accadeva originariamente, il contributo una tantum di 100 euro è
riservato4 ai lavoratori dipendenti che possiedono una serie di requisiti oggettivi e soggettivi. Il bonus 100 euro è in particolare fruibile dai soli titolari di un reddito di lavoro dipendente, escludendo pertanto le altre tipologie reddituali (come ad esempio i redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente derivanti – soltanto per citare una casistica tra le tante – dalle collaborazioni coordinate e continuative, i c.d. co.co.co.). Come ha avuto modo di osservare l’Agenzia Entrate ai fini del riconoscimento del bonus è infatti necessario essere titolare di un reddito di lavoro dipendente:
a nulla rilevando la tipologia contrattuale del rapporto di lavoro dipendente (ad esempio lavoro a tempo determinato indeterminato).
Altra conferma della prassi è quella per cui, atteso che l’art. 49 del Tuir definisce come redditi di lavoro dipendente quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro:
con qualsiasi qualifica,
alle dipendenze e sotto la direzione di altri, comprendendovi il lavoro a domicilio quando è considerato lavoro dipendente secondo le norme della legislazione sul lavoro, la circolare dell’ottobre 2024 indica che non:
possono essere beneficiari del bonus i titolari di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui all’articolo 50 del TUIR.
L’esistenza del rapporto di lavoro costituisce dunque il presupposto per l’inclusione nel reddito di lavoro dipendente di tutti gli introiti percepiti dal lavoratore. In tal senso, anche le somme e i valori corrisposti da parte di soggetti terzi al lavoratore nell’ambito del rapporto di lavoro “rientrano nella nozione di
reddito di lavoro dipendente”. L’art. 51, comma 1 del TUIR dispone infatti che
il reddito di lavoro dipendente è:
costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.
Ai sensi del medesimo comma si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche le somme e i valori corrisposti entro il 12 gennaio del periodo d’imposta successivo a quello cui si riferiscono (cosiddetto “principio di cassa allargato”). A seguito delle ultime modifiche alla disciplina in esame il contributo una
tantum è riservato ai lavoratori dipendenti per i quali sussistono, congiuntamente, le seguenti condizioni:
L’impianto normativo precedente, per il bonus una tantum in questione10, riservava la misura – con riguardo al requisito di cui alla precedente lettera b) – a coloro che:
avevano un coniuge non legalmente ed effettivamente separato e almeno un figlio, anche se nato fuori del matrimonio, riconosciuto, adottivo o affidato, entrambi (coniuge e figlio) fiscalmente a carico, ovvero,
in alternativa avevano almeno un figlio, fiscalmente a carico, in presenza di un nucleo familiare cosiddetto “monogenitoriale”11;
entrambi requisiti che si vedrà non sussistono più. Nondimeno, il D.L. 167/2024 ha inserito, all’art. 2-bis del “Decreto Omnibus”, il comma 2-bis, per effetto del quale si prevede che l’indennità in argomento “non spetta al lavoratore dipendente coniugato o convivente il cui coniuge, non legalmente ed effettivamente separato, o convivente sia beneficiario della stessa indennità”.
Nel caso, dunque, di due lavoratori dipendenti, per i quali sussistano i requisiti richiesti dalla norma, l’indennità spetta a uno solo di essi, ove siano:
coniugati, non legalmente ed effettivamente separati;
conviventi di fatto12, come specificato nella relazione illustrativa al D.L. 167/2024.
Con riguardo al requisito reddituale, di cui alla lettera a) dell’elenco di cui al paragrafo precedente, si precisa che, ai fini del calcolo del reddito complessivo, occorre considerare l’ammontare del cosiddetto “reddito di riferimento”, dove si tiene conto: anche dei redditi assoggettati a cedolare secca, dei redditi
assoggettati a imposta sostitutiva in applicazione del regime forfetario per gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni (articolo 1, comma 692, lettera g, della legge 27 dicembre 2019, n. 160), della
quota di agevolazione ACE di cui all’articolo 1 del decreto – legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e delle somme elargite dai clienti ai lavoratori
del settore privato, impiegati nelle strutture ricettive e negli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande a titolo di liberalità (c.d. mance), assoggettate a imposta sostitutiva, di cui all’articolo 1,
commi da 58 a 62, della legge 29 dicembre 2022, n. 197.
Lo stesso D.L. 113/2024 include13 nel calcolo del reddito complessivo ai fini dell’erogazione del bonus ulteriori importi, come descritto in tabella:
Da notare che lo stesso reddito complessivo è assunto al netto dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e di quello delle relative pertinenze di cui all’art. 10, comma 3-bis del TUIR. Con riguardo, invece, al requisito di cui alla lettera b) della tabella con le condizioni per accedere al bonus si precisa che, per poter essere considerati a carico ai fini fiscali, è necessario che il figlio sia titolare di un reddito personale non superiore (ciascuno) a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili. La soglia descritta passa a 4.000,00 euro per i figli di età non superiore a 24 anni. Il requisito dell’età non superiore a 24 anni è rispettato a patto che sussista anche per una sola parte dell’anno: pertanto, il limite
ordinario di 2.840,51 euro torna rilevante nel momento in cui il figlio compie 25 anni. Se nel corso dell’anno viene superata la soglia reddituale di 2.840,51 / 4.000,00 euro il familiare non può essere considerato a carico nemmeno parzialmente. Infatti, le citate soglie sono fissate con riguardo all’intero periodo d’imposta. Per il calcolo dei limiti di reddito si deve tener conto delle somme che
rientrano nel reddito complessivo rilevante ai fini fiscali cui vanno aggiunti:
Come precisa l’AE nella circolare n. 22/E/2024, e come già visto in precedenza, il bonus spetta al lavoratore dipendente, con almeno un figlio fiscalmente a carico (anche se nato fuori del matrimonio, riconosciuto, adottivo o affidato).
Sempre in quest’ultima circolare l’Agenzia Entrate precisa che il bonus:
“spetta anche in presenza di figli di età inferiore ai 21 anni che rispettano i requisiti reddituali stabili al comma 2 del medesimo articolo 12 del TUIR (e che, quindi, sono fiscalmente a carico), ancorché non
siano più previste le detrazioni per figli a carico”.
In altri termini il lavoratore dipendente deve avere almeno un figlio – anche se nato fuori del matrimonio riconosciuto, adottivo, affiliato o affidato, fiscalmente a carico – a nulla rilevando la presenza di
almeno un coniuge fiscalmente a carico o, in alternativa, l’appartenenza ad un nucleo familiare cosiddetto “monogenitoriale”. In definitiva, conclude la circolare n. 22/E/2024, fermi restando gli altri requisiti di cui alle lettere a) e c) dell’art. 2-bis, il bonus, in presenza di almeno un figlio fiscalmente a carico spetta al lavoratore dipendente a prescindere dalla circostanza che questi sia o meno coniugato, legalmente ed
effettivamente separato, divorziato, convivente ovvero che appartenga ad un nucleo familiare monogenitoriale. Con riguardo al terzo requisito necessario per ricevere il bonus, di cui alla lettera c) dell’elenco poc’anzi riportato, si sottolinea che possono accedere alla misura in argomento coloro che totalizzano un’imposta lorda, determinata sui redditi di lavoro dipendente, di cui all’art. 49 del TUIR, con
esclusione di quelli indicati nel comma 2, lettera a), del medesimo articolo (pensioni di ogni genere e assegni ad esse equiparati), percepiti dal lavoratore e di importo superiore alla detrazione spettante ai sensi dell’art. 13, comma 1 del TUIR. In tal caso si parla di “capienza fiscale”.
In merito al requisito di cui all’art. 2-bis, comma 1, lettera c) del D.L. 113/2024 non opera la riduzione dell’importo di 75 euro, rapportato al periodo dell’anno, espressamente prevista dall’art. 1, comma 3 del D.Lgs 216/2023, numero 216, in materia di disciplina fiscale del trattamento integrativo. In assenza di analoga previsione nella disposizione in commento, va da sé che:
“la detrazione cui fare riferimento è quella di cui al citato articolo 13,
comma 1, del TUIR (nella misura prevista per l’anno d’imposta 2024),
senza alcuna riduzione”.
In altri termini, per la legittima spettanza del bonus è necessario la previa verifica della capienza dell’imposta lorda (determinata sui redditi da lavoro dipendente) rispetto alla detrazione riconosciuta
per la stessa tipologia reddituale, con riferimento al periodo d’imposta 2024. In poche parole, sono esclusi dalla misura coloro che generano un’Irpef lorda, calcolata sui redditi da lavoro dipendente, che non ecceda l’importo della detrazione fiscale per attività di lavoro. Tali si intendono i contribuenti che
si collocano nella cosiddetta “no tax area”. Ne consegue che, per comprendere se si è esclusi o meno dal bonus, è necessario innanzitutto calcolare l’imposta lorda: quest’ultima si determina applicando percentuali diverse ai singoli scaglioni di reddito, come descritto nella tabella che segue.
L’art. 2-bis, comma 2 del D.L. 113/2024 dispone che il bonus 100 euro non
concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini Irpef.
La somma spettante a titolo di bonus 100 euro è riproporzionata nell’importo in funzione dei periodi di lavoro totalizzati dal dipendente nell’anno d’imposta. Il calcolo dell’importo da riconoscere al lavoratore dipendente, in possesso dei requisiti normativamente previsti, avviene considerando i giorni per i quali si ha diritto alla retribuzione, al pari di quanto previsto per la fruizione delle detrazioni di lavoro dipendente.
In nessun caso, ricorda l’AE, dev’essere effettuata una riduzione del bonus in presenza di particolari modalità di articolazione dell’orario di lavoro (ad esempio il part-time orizzontale, verticale o ciclico).
In presenza di più redditi di lavoro dipendente, nel calcolare il numero dei giorni per i quali spetta il bonus, le giornate comprese in periodi contemporanei devono essere considerate una sola volta.
Si ricorda che la detrazione in argomento ex art. 13, comma 1 del Tuir è riferita all’intero periodo d’imposta e spetta a quanti possono far valere 365 giorni (nello stesso anno) di produzione del reddito; a tal fine rilevano le giornate che hanno dato diritto alla retribuzione assoggettata a ritenuta fiscale. Di conseguenza, nel numero di giorni rilevanti per la detrazione, si assumono non solo i periodi di effettivo svolgimento dell’attività ma, altresì:
festività;
riposi settimanali;
altri giorni non lavorativi.
Fanno eccezione i periodi per i quali non spetta la retribuzione, come:
aspettativa non retribuita;
permessi non retribuiti;
assenza ingiustificata o non retribuita;
nonché quelli non in forza in azienda a seguito di assunzione o cessazione.
I contribuenti che nel periodo d’imposta non possono far valere 365 giorni di produzione del reddito hanno diritto a un importo a titolo di detrazione fiscale riparametrato come segue: (detrazione annua calcolata in base all’art. 13, comma 1 del Tuir / 365) x giorni di detrazione maturati nell’anno.
A norma dell’art. 2-bis, comma 4 il datore di lavoro, in qualità di sostituto d’imposta di cui agli artt. 23 e 29 del D.P.R. 600/1973, riconosce il bonus unitamente alla tredicesima mensilità su richiesta del lavoratore dipendente, il quale attesta per iscritto di avervi diritto, indicando il codice fiscale dei figli fiscalmente a carico. Per effetto delle nuove disposizioni viste in precedenza, contenute nel nuovo comma 2-bis il lavoratore dipendente, nell’attestazione da rilasciare al datore di lavoro, dichiara che il coniuge, non legalmente ed effettivamente separato, ovvero il convivente non beneficia del bonus.
Il calcolo della tredicesima mensilità e la scadenza entro la quale la stessa dev’essere pagata ai dipendenti (di norma in coincidenza con le festività natalizie) sono aspetti demandati alla contrattazione collettiva, solitamente stipulata a livello nazionale (Ccnl). La somma riconosciuta in busta paga unitamente alla tredicesima mensilità è recuperata dal datore di lavoro sotto:
“forma di credito da utilizzare in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a partire dal giorno successivo all’erogazione”
in cedolino di indennità.
Con apposita risoluzione l’Agenzia Entrate renderà noto il codice tributo da utilizzare in F24 per la compensazione. Successivamente all’erogazione, il sostituto d’imposta verifica, in sede di conguaglio di fine anno / fine rapporto, la spettanza dell’indennità e, qualora la stessa risulti non dovuta, provvede al recupero del relativo importo. Il lavoratore dipendente, al fine di ottenere il bonus, è tenuto a comunicare al sostituto d’imposta (datore di lavoro), a mezzo dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà resa (di cui si allega un fac-simile) la sussistenza dei requisiti reddituali e familiari per beneficiare dell’indennità in esame. Se, nel corso dell’anno 2024, il dipendente ha svolto più attività di lavoro dipendente con datori di lavoro diversi, lo stesso deve presentare all’ultimo datore di lavoro, ossia colui che materialmente eroga il bonus con la tredicesima mensilità, oltre alla dichiarazione sostitutiva, le certificazioni uniche
riferite ai precedenti rapporti di lavoro, al fine del corretto calcolo del contributo spettante.
Qualora il dipendente abbia più contratti di lavoro dipendente a tempo parziale in essere, l’indennità è erogata dal sostituto d’imposta individuato dall’interessato. A tal fine, il lavoratore dovrà indicare nella dichiarazione sostitutiva anche tutti i dati necessari per la determinazione del bonus, quali i redditi di lavoro dipendente e i giorni prestati presso gli altri datori di lavoro. Il datore di lavoro è tenuto a conservare la documentazione comprovante l’avvenuta dichiarazione, ai fini di un eventuale
controllo da parte degli organi competenti. Da ultimo si precisa che, come chiarito dall’Agenzia entrate nella circolare n. 22/E/2024, per i lavoratori dipendenti che abbiano prodotto la dichiarazione sostitutiva ai sensi della precedente formulazione dell’articolo 2 bis del Decreto Omnibus, ai fini dell’erogazione dell’indennità in parola:
non è necessaria la presentazione di un’ulteriore dichiarazione al sostituto d’imposta, salvo il caso in cui debba essere acquisito, per il rispetto delle disposizioni del nuovo comma 2-bis, il codice fiscale del
convivente (ai sensi della citata legge n. 76 del 2016), unitamente alla dichiarazione che quest’ultimo sia beneficiario del bonus.
Ferma restando la modalità di erogazione del bonus in busta paga, quale canale principale di riconoscimento del contributo, il comma 5 dell’art. 2-bis del D.L. 113/2024 stabilisce che la somma spettante è rideterminata in dichiarazione dei redditi ed è computata, come affermato nella citata
circolare dell’Agenzia delle Entrate: “nella determinazione del saldo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche”. Nel caso in cui il lavoratore, pur avendo diritto al bonus:
abbia percepito redditi non assoggettati a ritenuta fiscale perché privi di sostituto d’imposta (ad esempio i lavoratori domestici), ovvero non abbia ricevuto il bonus dal sostituto d’imposta nonostante la sua
spettanza (ad esempio quando il lavoratore dipendente, non avendo certezza di possedere i requisiti reddituali richiesti dalla norma, non ha presentato la dichiarazione sostitutiva di atto notorio)
lo stesso può ottenere l’indennità direttamente in dichiarazione dei redditi relativa all’anno d’imposta 2024, da presentarsi nel 2025.
Al tempo stesso, precisa l’Agenzia Entrate, si ritiene:
“che il lavoratore dipendente che ha cessato l’attività lavorativa nel corso del 2024 possa beneficiare dell’indennità direttamente nella dichiarazione dei redditi riferita all’anno d’imposta 2024”
fermo restando il rispetto dei requisiti oggettivi e soggettivi.
Qualora il dipendente abbia beneficiato dell’indennità in assenza dei presupposti richiesti o in misura superiore a quella spettante – e non sia più possibile per il sostituto d’imposta effettuare il conguaglio
a debito – il lavoratore deve restituire, nella dichiarazione dei redditi, l’ammontare del bonus indebitamente ricevuto.