“Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”. Con questo enunciato lo scrittore Italo Calvino definisce con inequivocabile limpidezza la sua accezione di leggerezza, termine a volte troppo poco interpretato con accurata analisi e svilito.
Da un punto di vista semantico leggerezza è legata all’etimo latino levitas ovvero una disposizione dell’animo ad attribuire il giusto peso ad ogni circostanza, affrontando con contezza e coscienza la propria individualità e le relazioni intra e inter personali.
Calvino non propone alcuna certezza granitica sullo spaccato contemporaneo, che descrive nelle sue opere, ma ci fornisce gli strumenti metodologici e le chiavi di lettura per decodificare la realtà proteiforme e cangiante tra gli anni quaranta e ottanta del Novecento. La leggerezza si collega al corretto modello ermeneutico del carpe diem oraziano, inteso a rigore di filologia come la capacità di affrontare la nostra vita con volizione nell’oggi, senza ricorrere a vie brevi o rifugiarci in “universi paralleli”, “sospendendo il giudizio”.
Il carpe diem come la leggerezza di Calvino ci portano a riflettere sull’esigenza di vincere l’indolenza e a costruire le basi della nostra progettualità giorno dopo giorno. Un invito a non rinunciare alle opportunità che ci vengono offerte e ad avere il coraggio di compiere delle scelte.
Suggerisco di esplorare la produzione di scritti di Calvino, per avere testimonianza di un iter in fieri non solo afferente la scrittura, ma questioni sociali, storiche e civiche del Novecento, da cui non possiamo prescindere per ambire a possedere criteri interpretativi più fattivi della realtà. Ma la lettura è anche piacere e fiducia nello scrittore, che consegna al Lettore la sua opera, rendendolo attore delle storie raccontate.
Con il contributo di Prof. Pasquale Antonio