Accade spesso che allorquando si richiede un mutuo, la Banca pretenda, per tutelarsi nel caso di inadempimento , un’ipoteca su di un bene immobile di proprietà del mutuatario; tuttavia il bene da ipotecare non sempre è di proprietà del richiedente il mutuo, ma di un suo parente ( generalmente un genitore) oppure è in comproprietà con altri ( come nel caso in cui sia oggetto di una comunione ereditaria tra più persone, compreso il mutuatario, o, ma questo è un caso particolare, di una comunione legale tra il mutuatario e il coniuge) .


In tali circostanze, se il terzo proprietario o comproprietario è disponibile, questi concederà l’ipoteca sul
suo bene, da qui l’espressione terzo datore di ipoteca. Il terzo datore di ipoteca è estraneo al rapporto che scaturisce dal contratto di mutuo, non assume il debito su di sé, ma è soggetto a responsabilità e si parla in questo caso di responsabilità senza debito e di responsabilità limitata, nel senso che il terzo datore di ipoteca risponderà del debito, subendo l’espropriazione del bene ipotecato, solo nei limiti del valore di quest’ultimo e non oltre.

In ogni caso deve essere consapevole che, nel caso in cui resti inadempiuta l’obbligazione derivante dal
mutuo , il creditore potrà far vendere l’immobile all’asta, nell’ambito di una procedura esecutiva, e nulla
potrà fare se non subire l’espropriazione.

Va detto che però, una volta subito l’esproprio del bene, il terzo avrà -quanto meno -il diritto di rivalersi nei confronti del mutuatario. Stessa sorte la subisce colui che ha acquisto un bene gravato da ipoteca per un debito contratto da altri ; egli dovrà subire l’espropriazione del bene , salvo rivalersi contro chi gli ha ceduto il bene .

Non è ritenuta ammissibile l’ipoteca su quota indivisa astratta di un bene e dunque non è ritenuta ammissibile la concessione di ipoteca da parte di un coniuge sulla sua quota ideale del bene in comunione legale. Infatti la comunione legale nascente dal matrimonio è una comunione senza quote, nella quale i coniugi sono solidalmente titolari dell’intero.

Questa soluzione si giustifica invocando il principio della specialità dell’ipoteca, oppure osservando che sarebbe inammissibile un’azione esecutiva volta a costituire una comunione, la qualcosa si avrebbe se si procedesse ad espropriare solo la porzione immobiliare gravata da ipoteca, poiché con il decreto di trasferimento l’aggiudicatario diverrebbe proprietario della quota ipotecata, così costituendosi una comunione con l’originario proprietario, il quale rimarrebbe proprietario della quota non pignorata.

La poca giurisprudenza che ha affrontato la questione (con riferimento al caso del pignoramento, ma con argomenti che valgono anche per l’ipoteca) sembra ritenere l’inefficacia dell’ipoteca su quota astratta affermando che “Il proprietario di un appartamento, ancorché ubicato in edificio condominiale, non può essere assoggettato ad esecuzione per espropriazione forzata limitatamente ad alcuni vani o porzioni dello appartamento medesimo, dato che questo costituisce, funzionalmente e giuridicamente, un’unità
indivisibile, suscettibile di frazionamento in più beni distinti solo con modifiche strutturali affidate all’iniziativa del proprietario stesso (Cass., sez. III, n. 4612 del 04/09/1985 n. 4612).

Se poi successivamente all’erronea concessione di ipoteca su quota astratta e indivisa , si procede allo
scioglimento della comunione, deve escludersi che esso abbia una efficacia sanante, nel senso di ritenere
valida l’originaria inefficace ipoteca.

A questo sembra decisiva la previsione di cui all’articolo 2823 c.c. la quale dispone che l’ipoteca su cosa
futura può essere validamente iscritta solo quando la cosa è venuta ad esistenza, con la conseguenza che
l’ipoteca iscritta sulla quota prima che si sia verificato lo scioglimento della comunione è nulla e deve essere nuovamente presa nel momento in cui la comunione si è sciolta.

Diverso è il caso in cui venga concessa dal debitore o iscritta da creditore ipoteca giudiziale sulla sua specifica quota sul bene indiviso a lui spettante; in questo caso l’ipoteca produrrà effetto, rispetto a quei beni ( o a quella porzione di beni) che a lui saranno assegnati nella divisione . Ma se il debitore si rende inadempiente prima della divisione, il creditore sarà costretto a fare l’esecuzione in relazione alla sola quota spettante al debitore.

Considerato che nella vendita all’asta non sarebbe semplice reperire un acquirente della sola quota , che si ritroverebbe in comunione con degli estranei, la legge ha previsto che in tal caso il Giudice dell’esecuzione deve procedere alla separazione della quota in natura spettante al debitore , quindi ad una divisione in natura del bene con individuazione e separazione di parti specifiche e determinate del bene stesso. Quando ciò non è possibile, perchè il bene è indivisibile in natura ( pensiamo ad un piccolo appartamento in comproprietà tra più soggetti) , il giudice dispone che si proceda alla divisione a norma del codice civile , salvo che ritenga probabile la vendita della quota indivisa ad un prezzo pari o superiore al valore della stessa , determinato da un esperto nominato dal Giudice.

Il codice civile prevede in materia di divisione ereditaria , le cui norme si applicano anche alla comunione
non ereditaria, che “ se nell’eredità vi sono immobili non comodamente divisibili , o il cui frazionamento
recherebbe pregiudizio alle ragioni della pubblica economia, o dell’igiene e la divisione dell’intera sostanza non può effettuarsi senza il loro frazionamento” , essi devono attribuiti a colui che ha la maggior quota o se ne fa richiesta ad un gruppo di coeredi , se ciò non è possibile , si fa luogo alla vendita all’incanto ( articolo 720 c.c.) . Non solo il diritto di proprietà può essere oggetto di ipoteca, ma anche i diritti reali di godimento quali l’usufrutto, tranne quello legale del genitore esercente la potestà genitoriale sui beni del minore, il diritto di superficie , la nuda proprietà.

Con il contributo di Avv. Giovanna Fusco

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