In base all’articolo 116, comma due, c.p.c. “Il giudice può desumere argomenti di prova dalle risposte che le parti gli danno in sede di interrogatorio libero, dal loro rifiuto a consentire le ispezioni che egli ha loro ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo”.
Accanto alla disposizione codicistica sopra richiamata, altre disposizioni dettate dal codice di procedura fanno pure espresso riferimento all’istituto in parola.
Il giudice civile, infatti, oltre che nelle ipotesi contenute nell’articolo citato, è autorizzato a desumere argomenti di prova:
– dal rifiuto ingiustificato delle parti di sottoporsi ad ispezione (articolo 118 c.p.c.);
– dalla mancata risposta all’interrogatorio formale (articolo 232 c.p.c.);
– dalle dichiarazioni che le parti hanno fatto al consulente tecnico d’ufficio e da questi riportate in seno alla propria relazione tecnica (articolo 200 c.p.c.);
– dalle prove raccolte nel processo estinto (articolo 310 c.p.c.),
– dalla mancata partecipazione, senza giustificato motivo, alla prima udienza nel rito del lavoro e dal rifiuto ingiustificato della proposta transattiva in quella sede formulata (articolo 420 c.p.c.);
– dal principio di prova scritta ex articolo 2724 codice civile;
– ed, indice generale, dal contegno processuale complessivo delle parti, come indicato nella parte finale della norma dettata dall’articolo 116, comma due, del codice di rito, vera e propria norma di chiusura dell’istituto in commento.
L’incremento quantitativo dei fattori potenzialmente generatori degli “argomenti di prova” è stato attuato grazie alla riforma del codice di rito, in via pressoché generale, dal mese di marzo (soprattutto in tema di ingiustificata assenza alle sessioni della procedura di media conciliazione obbligatoria).
L’incombente riforma, però, non ha inciso sullo statuto ontologico dell’istituto in commento.
Procedendo con ordine, converrà segnalare come la identificazione della natura, dello statuto ontologico, perfino della concreta efficacia probatoria degli elementi richiamati, sia stata, negli ultimi anni, particolarmente problematica ed oggetto di vivace dibattito, sia in dottrina che in giurisprudenza.
Con il contributo di Avv. Giancarlo Sciortino